Trasporto Pale per eolico

Segnalazioni di luoghi di particolare pregio naturalistico, o minacciati. Report floristici e faunistici.
rita bosi
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Trasporto Pale per eolico

Messaggioda rita bosi » sab 4 mag 2013, 9:03

Salve volevo segnalare un'articolo apparso sulla Repubblica Parma.it del 3 maggio 2013, purtroppo per trasportare questi mostri sono stati danneggiati boschi ed effettuati sbancamenti nel territorio di Albareto per trasportare le pale attraverso il Passo dei Due Santi verso il comune di Zeri .

renato
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Mini eolico, interessante.

Messaggioda renato » ven 10 mag 2013, 10:36


Luigi Ghillani
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Re: Trasporto Pale per eolico

Messaggioda Luigi Ghillani » ven 10 mag 2013, 18:02

Questi sono a mio avviso gli impianti che andrebbero incoraggiati ma chi produce mega impianti ha una maggiore influenza - per dirla con un eufemismo - su chi deve dare le autorizzazioni. Siamo specialisti nel portare avanti - in ritardo - ottime idee (sviluppo eolico e solare) ma di realizzarle nel peggiore dei modi.
Luigi

renato
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Re: Trasporto Pale per eolico

Messaggioda renato » gio 1 ago 2013, 12:36

Consiglio la lettura della seguente Sentenza del TAR Lazio, che
respinge il ricorso di una soc. del gruppo ENEL contro il diniego, in
sede di Valutazione d'incidenza, di realizzazione di un impianto
eolico, proposto nell'area a maggior ricchezza di specie dell'avifauna
del Lazio.


N. 07559/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04762/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4762 del 2012, proposto da:
Enel Green Power Spa, in persona del Responsabile della Funzione
Legale Italia, munito di ogni necessario potere in forza di procura
del 29 marzo 2012, rappresentata e difesa dall'avv. Marcello Cardi ed
elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, situato in
Roma, viale Bruno Buozzi n. 51;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dall'avv. Elisa Caprio ed elettivamente domiciliata presso il
difensore nella sede dell’Avvocatura dell’Ente, situata in Roma, via
Marcantonio Colonna n. 27;
Provincia di Viterbo, in persona del Presidente p.t., rappresentata e
difesa dall'avv. Roberto Venettoni ed elettivamente domiciliata presso
lo studio del difensore, situato in Roma, via Cesare Fracassini n. 18;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Università Agraria di Monte Romano, in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Xavier
Santiapichi e Nicoletta Tradardi, con domicilio eletto presso lo
“Studio legale Santiapichi – Associazione tra Professionisti”, situato
in Roma, via Antonio Bertoloni nn. 44-46;
Comune di Monte Romano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e
difeso dagli avv.ti Xavier Santiapichi e Nicoletta Tradardi, con
domicilio eletto presso lo “Studio legale Santiapichi – Associazione
tra Professionisti”, situato in Roma, via Antonio Bertoloni nn. 44-46;
per l'annullamento
della valutazione di incidenza negativa, di cui alla relazione tecnica
del 20.02.2012 dell'Area Conservazione Natura e Foreste della Regione
Lazio, rilasciata nell'ambito della procedura di V.I.A. per la
realizzazione di un impianto eolico di 28MW nel Comune di Monte Romano
(VT);
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e
Provincia di Viterbo;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum del Comune di Monte Romano
e dell’Università Agraria di Monte Romano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2013 il
Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in
data 4 giugno 2012 e depositato il successivo 19 giugno 2012, la
ricorrente impugna l’atto con cui, in data 20 febbraio 2012, la
Regione Lazio ha espresso “valutazione di incidenza” negativa in
ordine al progetto per la realizzazione di un impianto eolico nel
Comune di Monte Romano, dalla medesima presentato.
In particolare, la ricorrente – “società del Gruppo Enel che si occupa
della progettazione e della realizzazione di impianti geotermici,
idroelettrici, eolici, fotovoltaici” - espone quanto segue:
- di aver presentato in data 22 dicembre 2009 alla Provincia di
Viterbo ed alla Regione Lazio domanda di autorizzazione unica per la
realizzazione di un impianto eolico di 46MW nel Comune di Monte
Romano, composto da 23 aerogeneratori;
- a seguito di contatti con l’Ufficio Ambiente della Regione Lazio e
la Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio del Lazio,
ravvisava l’opportunità di ridurre il numero degli aerogeneratori a
14, con conseguente riduzione della potenza complessiva a 28MW;
- agli enti coinvolti comunicava, dunque, la riduzione del progetto
nonché uno studio contenente i risultati di una campagna annuale di
monitoraggio dell’avifauna e della chirotterofauna su tutta l’area
interessata dall’impianto, avendo ravvisato la necessità di richiedere
– oltre che la valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell’art.
23 del D.Lgs. n. 152/2006 – la valutazione di incidenza ai sensi
dell’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997, come modificato dal D.P.R. n.
120/2003 (“in quanto l’area dell’impianto confina con il sito SIC/ZPS
IT6010021 “Monte Romano”);
- non avendo ricevuto notizie, in data 31 gennaio 2012 presentava
richiesta di accesso;
- apprendeva così in data 3 aprile 2012 l’esistenza della valutazione
di incidenza negativa di cui alla relazione tecnica indicata in
epigrafe.
Avverso tale atto la ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:
I. VIOLAZIONE DELL’ART. 12 DEL D.LGS. 29.12.2003, N. 387. VIOLAZIONE
DELL’ART. 14 DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241. VIOLAZIONE DELLE
“LINEE GUIDA PER L’AUTORIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI ALIMENTATI DA FONTI
RINNOVABILI” DI CUI AL DECRETO DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DEL 10.9.2010. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO.
INCOMPETENZA. Gli atti sono illegittimi ed addirittura nulli in quanto
resi al di fuori della conferenza di servizi prescritta dall’art. 12
in argomento, “neppure convocata”.
II. ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA’, CARENZA DI MOTIVAZIONE,
TRAVISAMENTO DEI FATTI E DEI PRESUPPOSTI, SVIAMENTO E DIFETTO DI
ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA “HABITAT” 92/43/CEE, DELLA
DIRETTIVA “UCCELLI” 79/409/CEE E DEL D.P.R. N. 357 DEL 1997. Il
provvedimento non è sorretto da adeguata motivazione e si fonda su di
una inappropriata rappresentazione delle circostanze di fatto. In
particolare, le stime in ordine alla “collisione con le pale” non sono
state ritenute realistiche in quanto limitate a soli 12 giorni e
basate su un ridotto numero di osservazioni “accoppiato ad una grande
variabilità del fenomeno in esame”. Ciò non corrisponde al vero,
atteso che i giorni di rilevazione sono 36 e, comunque, non è stata
considerata la rilevanza dei periodi di migrazione. Non sono stati,
poi, presi in considerazione tutti gli elementi idonei ad influire sul
giudizio di non pericolosità dell’intervento rispetto agli obiettivi
di conservazione, come la prevalente presenza di specie a volo basso
e, conseguentemente, la scarsa percentuale dei “voli a rischio”, la
riduzione del numero degli aerogeneratori da 23 a 14, la riduzione del
numero delle macchine nei punti più sfavorevoli per il passaggio
dell’avifauna, la circostanza che il progetto ricade fuori dalla ZPS,
“il rapporto molto basso tra l’area interessata dall’impianto eolico …
e l’insieme delle aree protette e, ancora, la presenza di una zona
militare.. utilizzata come Poligono di tiro”. “Né è riscontrabile nel
provvedimento impugnato, alcuna contestazione motivata scientemente
che giustifichi la conclusione negativa” e ciò nonostante la normativa
richiamata richieda che le incidenze sul sito debbano essere
“significative”. In definitiva, l’Amministrazione si rifugia nel
“principio di precauzione”, il quale non può diventare “una fonte
inesauribile di poteri impliciti”.
III. VIOLAZIONE DELL’ART. 12 DEL D.LGS. N. 387/2003. VIOLAZIONE DELLA
DIRETTIVA 2001/77/CE. VIOLAZIONE DELLA LEGGE 1/06/2001, N. 120, DI
RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO DI KYOTO. ECCESSO DI POTERE PER
CARENZA DI MOTIVAZIONE E SVIAMENTO PER MANCATA COMPARAZIONE TRA I FINI
DI TUTELA DEGLI HABITAT E DELLA FAUNA E GLI INTERESSI AMBIENTALI
SOTTESI AL PROGETTO DA REALIZZARE. Nel provvedimento impugnato è del
tutto assente la valutazione di compatibilità tra il valore della
tutela degli habitat e della fauna e gli altri interessi coinvolti,
primo fra tutti l’utilizzazione di fonti energetiche pulite, obiettivo
altamente prioritario a livello della Comunità.
Con atto depositato in data 7 agosto 2012 si è costituita la Provincia
di Viterbo, astenendosi – nel prosieguo – dal produrre memorie e/o
documenti.
Con atto depositato in data 21 febbraio 2013 si è costituita anche la
Regione Lazio, la quale – il successivo 21 aprile 2013 - ha prodotto
una memoria, caratterizzata – in sintesi – dal seguente contenuto: -
il ricorso è inammissibile, atteso che risulta impugnato un atto di
natura endoprocedimentale, non immediatamente lesivo, poiché
ricompreso “nella procedura di VIA”; - in tal senso depongono anche
l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e le relative “Linee guida” di
cui al D.M. 10 settembre 2010, i quali riconducono le verifiche di
assoggettabilità, comprensive, ove previste, della valutazione di
incidenza, nell’ambito della conferenza di servizi, sicché atti del
tipo di quello in esame “costituiscono atti interni” di quest’ultima;
- nel merito, il ricorso è infondato; - in particolare, lo sforzo di
ricerca è stato giudicato troppo ridotto, in quanto basato su soli 12
giorni del periodo del flusso migratorio, ed è stata valutata la
riduzione degli aerogeneratori, ritenendola insufficiente “a rendere
gli impatti non significativi”; - il principio di precauzione non è
menzionato come motivo di pronunciamento negativo di per sé, “bensì al
puro scopo di sottolineare l’approccio di cautela che deve emergere
come principio informatore dell’azione dell’Amministrazione laddove
emergano pericoli, anche solo potenziali, per l’ambiente”; - “la
contemperazione di interessi differenti da quelli di tutela
dell’habitat e delle specie animali e vegetali esula dalla valutazione
di incidenza”.
In data 19 aprile 2013 l’Università Agraria di Monte Romano ed il
Comune di Monte Romano hanno depositato atti di intervento ad
adiuvandum, sostenendo le censure formulate dalla ricorrente mediante
i seguenti argomenti: - il parere in ordine alla valutazione di
incidenza doveva essere necessariamente reso nell’ambito della
conferenza di servizi, di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003,
la quale – tra l’altro – consente il superamento del dissenso; - non è
stata presa in considerazione la distanza dell’intervento dai siti
protetti; - non viene fatto alcun riferimento all’esistenza di un
poligono; - in definitiva, la motivazione del provvedimento si fonda
su di un’aprioristica valutazione negativa dell’intervento, non
ancorata a dati reali; - manca, poi, un bilanciamento puntuale dei
contrapposti interessi.
Con memorie depositate in date 26 aprile 2013 e 9 maggio 2013 la
ricorrente ha reiterato le censure formulate e replicato alle
argomentazioni della Regione, sostenendo - in particolare - che “è
vero che la valutazione di incidenza non assurge al rango di atto
formalmente conclusivo del procedimento ma essa è vincolante
sull’esito del provvedimento conclusivo”, atteso che il parere di
valutazione di incidenza “se negativo, preclude la realizzazione
dell’intervento” ex art. 5 delle linee guida della Regione Lazio.
All’udienza pubblica del 30 maggio 2013 il ricorso è stato trattenuto
in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio ritiene di poter soprassedere sull’eccezione di
inammissibilità sollevata dalla Regione Lazio, in quanto il ricorso è
infondato e, pertanto, va respinto.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, la ricorrente denuncia
violazione di legge (in particolare, art. 12 del d.lgs. n. 387 del
2003, art. 14 della legge n. 241 del 1990 e D.M. 10 settembre 2010) in
quanto l’atto impugnato risulta adottato al di fuori della conferenza
di servizi prescritta dalla legge.
Tale censura è infondata.
Al riguardo, appare opportuno ricordare che l’art. 12 in argomento,
così come modificato da ultimo dall’art. 5 del d.lgs. 3 marzo 2011, n.
28, prevede che:
“….
4. L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un
procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni
interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con
le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni ed integrazioni. Il rilascio dell’autorizzazione
costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità
al progetto approvato e deve contenere, l’obbligo alla rimessa in
pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a
seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti
idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e
recupero ambientale. Fatto salvo il previo espletamento, qualora
prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare,
di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del
procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto
dei tempi previsti dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di
valutazione di impatto ambientale.
…..”.
Più specificamente, il su riportato art. 12 è stato innovato
dall’indicato art. 5 – con entrata in vigore dal 29 marzo 2011 –
mediante la sostituzione del secondo periodo, il quale inizialmente
era così formulato: “il termine massimo per la conclusione del
procedimento di cui al presente comma non può comunque essere
superiore a centottanta giorni”.
Appare, pertanto, evidente che – come già posto in risalto in una
precedente pronuncia di questa Sezione (la n. 2748 del 18 marzo 2013,
riguardante la legittimità delle previsioni per il procedimento di
autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica
elaborate dalla Regione Puglia, la quale, unitamente alla Basilicata,
si è dotata di proprie linee guida in materia, a differenza delle
altre Regioni che – invece – si sono limitate a rimandare al D.M. 10
settembre 2010, riportante le linee guida nazionali – cfr., per la
Regione Lazio, la Delibera n. 520 del 19 novembre 2010) – “la
disciplina sopravvenuta ha completamente rivisto i rapporti tra il
procedimento di rilascio dell’autorizzazione e quello di VIA, operando
un chiaro distinguo tra tali procedimenti, anche sotto il profilo dei
tempi di durata del procedimento”, con conseguente inattualità della
giurisprudenza richiamata nel ricorso.
Tenuto conto che la valutazione di incidenza è ricompresa per espressa
previsione di legge – l’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 –
nella procedura di VIA, ovvero risulta rilasciata “all’interno del
procedimento di Valutazione d’Impatto Ambientale” (cfr., tra le altre,
C.d.S., Sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3917; TAR Sicilia, Palermo, Sez.
I, 20 gennaio 2010, n. 583), come espressamente affermato, tra
l’altro, nel parere oggetto di gravame, diviene doveroso giungere alla
conclusione che le affermazioni della ricorrente in ordine alle
violazioni di legge di cui sopra perdono di rilevanza per i seguenti
rilievi:
- la valutazione di incidenza deve necessariamente sottostare alle
previsioni che riguardano la procedura di VIA;
- preso atto che - a seguito del citato art. 5, entrato in vigore in
epoca antecedente all’adozione dell’atto impugnato - la procedura di
VIA ora si pone al di fuori del procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12, comma 4, del d.lgs. 29
dicembre 2003, n. 387 (come dimostrato, del resto, anche dalla
riduzione a soli 90 gg. del termine di 180 gg. originariamente fissato
per la conclusione del procedimento unico) e, dunque, non rientra
nella conferenza di servizi all’uopo prevista (art. 12, comma 3),
assumendo – rispetto a quest’ultima – anzi carattere “previo”, al di
fuori di quest’ultima va posta anche la valutazione di incidenza,
costituendo la stessa un mero sub procedimento della precedente (cfr.,
tra le altre, TAR Campania, Salerno, Sez. II, 23 marzo 2004, n. 206).
In ragione di tali considerazioni, non è, pertanto, condivisibile che
“l’atto qui impugnato” sia “stato emesso al di fuori” della sua sede
obbligatoria (individuata nella “conferenza di servizi”).
In definitiva, la censura de qua è infondata.
1.2. La ricorrente denuncia, poi, che “il provvedimento impugnato non
è sorretto da adeguata motivazione e si fonda su di una inappropriata
rappresentazione delle circostanze di fatto”.
Anche tale motivo di ricorso non può trovare positivo riscontro.
Al riguardo, appare opportuno ricordare che la valutazione di
incidenza – introdotta dall’art. 6, comma 3, della Direttiva 92/43/CEE
“Habitat”, oggetto di recepimento nel nostro ordinamento con il D.P.R.
n. 357 del 1997, così come modificato ed integrato dal D.P.R. n. 120
del 2003 – ha lo scopo precipuo di accertare preventivamente se
determinati progetti possano avere incidenza negativa sui Siti di
Importanza Comunitaria (SIC), sulle Zone Speciali di Conservazione
(ZSC) e sulle Zone di Protezione Speciale (ZPS).
Più in particolare, si tratta di un procedimento di carattere
preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto
che possa avere incidenze significative su un sito della rete Natura
2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti,
tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso.
In altri termini, costituisce uno strumento a salvaguardia
dell’integrità dei siti attraverso lo specifico esame delle
interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla
conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati
individuati, ma in grado di condizionarne l’equilibrio ambientale.
La valutazione di incidenza mira, pertanto, a garantire, dal punto di
vista procedurale e sostanziale, il raggiungimento di un rapporto
equilibrato tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle
specie e l’uso sostenibile del territorio.
Tenuto conto di tali peculiarità, la valutazione di incidenza va
intesa come una misura di prevenzione che impone – essenzialmente –
l’obbligo di effettuare un’analisi sotto un profilo ecologico dinamico
degli effetti di interventi che si intendono realizzare, la quale
trova applicazione non solo in caso di interventi che ricadono
all’interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo)
ma anche in relazione ad interventi che – pur sviluppandosi
all’esterno – possono comportare ripercussioni sullo stato di
conservazione dei valori tutelati nel sito.
In definitiva, si tratta di una particolare procedura di valutazione
preventiva che:
- risulta specificamente riferita agli habitat ed alle specie per i
quali i siti sono stati individuati (a differenza della VIA, la quale
è, invece, generalmente riferita a particolari categorie di opere);
- prendendo avvio da un apposito studio presentato dal proponente,
tende ad evitare – per quanto di rilevanza in questa sede - la
realizzazione di progetti che possano avere incidenze significative
sui siti, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi.
Tutto ciò premesso, il Collegio non ravvisa elementi per affermare che
la valutazione di incidenza impugnata non sia in linea con le
prescrizioni di legge e, in particolare, sia immotivata o, ancora, di
fondi su una rappresentazione “inappropriata” delle circostanze di
fatto.
La valutazione di incidenza di cui trattasi consente, infatti, di
rilevare – in sintesi - che:
- è stata effettuata una disamina degli effetti che gli impianti
eolici ordinariamente determinano sulla fauna, così come individuati
dalla letteratura in materia (ossia, morte o danno fisico per
collisione, disturbo o allontanamento dal sito dovuto alle strutture,
ostacolo agli spostamenti dovuto ad un effetto barriera degli
aerogeneratori e, infine, perdita di habitat);
- sono state prese in considerazioni le specie stanziali nell’area di
intervento e quelle che vi transitano “in occasione di spostamenti
migratori o dispersioni post-riproduttive”, pervenendo alla
conclusione che “il numero di specie di interesse comunitario
nidificanti e migratrici osservate rende l’area di intervento e zone
limitrofe una delle più notevoli del Lazio per ricchezza ornitologica
e qualità delle specie presenti. L’ambiente prevalente, ascrivibile ad
un agro-sistema tradizionale costituito da zone aperte in contatto con
le aree boscate circostanti, fornisce opportunità di siti riproduttivi
e di aree di foraggiamento per specie anche di rilevante interesse
conservazionistico in un’area che appare strutturalmente omogenea e in
continuità ecologica con le vicine ZPS”;
- nel prosieguo, viene affermato che “la ricchezza della comunità di
uccelli rapaci che frequenta l’area di intervento e zone limitrofe
rende particolarmente problematica la realizzazione del progetto
perché i rapaci in generale presentano spiccata longevità, un basso
tasso riproduttivo annuale e maturità sessuale ritardata. Queste
caratteristiche fanno sì che aumenti anche relativamente modesti dei
tassi di mortalità a seguito di collisioni possano produrre effetti
negativi significativi su scala vasta sotto forma di declini
demografici a livello di popolazione”;
- è, altresì, oggetto di specifica attenzione anche la proposta
riduzione dell’impianto da 23 a 14 aerogeneratori, la quale non è però
ritenuta “sufficiente a rendere gli impatti non significativi”. Al
riguardo, viene, infatti, precisato che la minor presenza di
aerogeneratori ovvia – generalmente – al c.d. effetto barriera ma “nel
presente contesto il gruppo probabilmente più sensibile agli impatti
da collisione è quello dei rapaci diurni, per i quali l’effetto
barriera non viene in generale considerato un fattore di impatto
rilevante”;
- sulla base anche del richiamo delle risultanze di un precedente
pronunciamento sulla versione precedente del progetto, risalente al 18
febbraio 2010, l’Area – in conclusione - si è espressa negativamente
“in quanto non si può escludere che il progetto medesimo possa
compromettere gli obiettivi di tutela del SIC e delle ZPS Monte Romano
e della ZPS Comprensorio Tolfetano Cerite Manziate”, “anche in
applicazione del … Principio di precauzione”.
Ciò detto, va rilevato che:
- l’atto impugnato esterna adeguatamente i presupposti di fatto per i
quali si è pervenuti ad un pronunciamento negativo;
- gli stessi presupposti di fatto non appaiono congruamente confutati
dalla ricorrente (la quale, anzi, sembra soffermarsi su profili che –
in ultimo – non risultano aver determinato l’assunzione della
decisione adottata, quale il periodo di rilevazione dei monitoraggi,
il quale – in ogni caso – per il periodo autunnale è correttamente
indicato dall’Amministrazione in soli “12 giorni”);
- tenuto conto dei fattori ritenuti di rilevanza dall’Area
Conservazione Natura e Foreste della Regione Lazio, non emergono
elementi utili per affermare che l’atto de quo poggi su una
rappresentazione “inappropriata” delle “circostanze di fatto”;
- il mancato riferimento alla presenza di una zona militare non appare
rilevante, atteso che l’eventuale sussistenza di ulteriori fattori di
disturbo non costituisce – in linea di principio – un elemento che
abilita l’Amministrazione a procedere con maggiore elasticità, ma può
– invece - porsi come una circostanza che impone maggiore rigore nella
valutazione, a tutela della conservazione delle specie che
caratterizzano l’area;
- il richiamo del “principio di precauzione” è inequivocabilmente
corretto. Non va, infatti, dimenticato che il principio di precauzione
è un principio di carattere generale, discendente dalle disposizioni
del Trattato UE, che fa obbligo alle autorità competenti di adottare
provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi potenziali per
la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo
prevalere la protezione di tali valori sugli interessi economici,
indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra
il fatto ritenuto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti
pregiudizievoli che ne derivano (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV.,
6 maggio 2013, n. 2446; TAR Lazio, Roma, Sez. II quater, 25 febbraio
2013, n. 2055). Con specifico riferimento all’art. 6, par. 3, della
Direttiva n. 92/43/CEE, di rilevanza in questa sede, di recente la
stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha avuto modo di
affermare che si tratta di una previsione da interpretare nel senso
che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla
gestione di un sito pregiudicherà l’integrità di tale sito se è atto
ad impedire il mantenimento sostenibile delle caratteristiche
costitutive di quest’ultimo, precisando espressamente che “ai fini di
tale valutazione occorre applicare il principio di precauzione” (Sez.
III, 11 aprile 2013, n. 258 del 2011). In definitiva, è possibile
affermare che “la semplice probabilità di un pregiudizio per
l’integrità e la conservazione del sito” – chiaramente rilevata nel
caso di specie – si rivela sufficiente, in ossequio al principio di
matrice comunitaria di massima precauzione, a far concludere in senso
negativo la valutazione di incidenza ambientale (cfr. C.d.S., Sez. IV,
22 luglio 2005, n. 3917, richiamata anche da TAR Puglia, Lecce, Sez.
I, 25 gennaio 2012, n. 110).
Per le ragioni di cui sopra, la censura de qua è infondata.
1.3. In ultimo, la ricorrente lamenta che “nel provvedimento impugnato
è .. del tutto assente la valutazione di compatibilità tra il valore
della tutela degli habitat e della fauna .. e gli altri interessi
coinvolti nel procedimento, primo fra tutti quello, ugualmente di tipo
ambientale, sotteso alle realizzazione di impianti eolici, ossia
dell’utilizzazione di fonti energetiche pulite”.
Tale motivo è privo di giuridico pregio.
Si osserva, infatti, che:
- nessuna previsione di legge o, comunque, normativa impone
all’autorità tenuta alla valutazione di incidenza di esprimersi nei
termini su indicati;
- come opposto anche dalla Regione Lazio, in questa sede viene in
contestazione esclusivamente una valutazione di incidenza negativa
resa in data 20 febbraio 2012, la quale – in linea con i rilievi di
cui sopra – attiene precipuamente all’analisi degli effetti che
determinati piani e/o progetti possono comportare per l’habitat e le
specie per i quali sono individuati i vari siti, comportando l’esame
delle ripercussioni – in termini dinamici - che gli stessi piani e/o
progetti possono determinare a danno dello stato di conservazione dei
valori naturali tutelati;
- ciò detto, l’esclusione della necessità di una comparazione tra
l’interesse ambientale tutelato dalla specifica autorità
amministrativa (nella specie, l’Area Conservazione Natura e Foreste
della Regione Lazio) ed altri interessi che, invece, non risultano
affidati alle cure di quest’ultima diviene doverosa;
- come già rilevato in giurisprudenza, un tale raffronto può, infatti,
imporsi solo nel caso di procedure aperte al contributi di tutti i
diversi organi interessati dalla vicenda, in particolare attraverso la
conferenza di servizi di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003,
ossia in seno al procedimento che “a valle” della VIA si innesca ai
fini del rilascio dell’autorizzazione unica (cfr., tra le altre, TAR
Puglia, Lecce, Sez. I, 25 gennaio 2012, n. 110, già citata), fase
questa che – nell’ipotesi in trattazione – non risulta ancora
affrontata.
2. In conclusione, il ricorso va respinto.
Tenuto conto delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si
ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle
spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima
Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4762/2012, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio
2013 con l'intervento dei Magistrati:


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