I cinghiali nel Parco del Taro

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picollo
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Re: I cinghiali nel Parco del Taro

Messaggioda picollo » mer 9 mar 2022, 14:47

riccardo de vivo ha scritto:... Per esempio per i cinghiali era stata posta una linea altitudinale, sotto la quale questi ungulati non dovessero essere presenti. Per esempio nel Parco del Taro o in quello dello Stirone questi animali non avrebbero mai dovuto arrivare...

E' vero che a Roma circolano ormai in città, ma anche da noi non sono poi tanto lontani. Questa penso sia una femmina con un giovane in tranquilla passeggiata esplorativa diurna a 200 metri da casa mia (Collecchio zona Sud-Est, Quartiere prati, quello dove c'è l'Assistenza Volontaria per intenderci). Il giorno di Santo Stefano 26/12/2020 mi affaccio sul balcone e vedo queste due ingombranti sagome attraversare i campi. Avranno perso la bussola? :?: Forse... Noi sicuramente! :?

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Sergio, curioso di natura
Visita il mio sito dedicato alla natura parmense http://www.serpicofoto.it

riccardo de vivo
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Re: I cinghiali nel Parco del Taro

Messaggioda riccardo de vivo » mer 9 mar 2022, 19:35

Intervengo con l'account di Riccardo, perché con il mio (molto datato) non vengo riconosciuta.
Innanzitutto un saluto a tutti e in particolare a Francesca, che ci ha permesso di tornare a
incontrarci. Mi veniva da sorridere alla bella immagine di Sergio: a casa mia, a Costamezzana,
ormai viviamo concretamente la società multietnica. I miei cani pastori abruzzesi da protezione
si sono praticamente rassegnati: i caprioli, onnipresenti nei miei campi, ormai li devono
considerare come facenti parte della fattoria, ogni tanto abbaiano un po', ma con sempre minore
convinzione. Con un lupo, che ormai è di famiglia, la prima volta se le sono date (per la
precisione le ha buscate di brutto il lupo). Ma siccome il lupo è ostinato e continua a passare
sotto casa, ormai i cani abbaiano sì furiosamente, ma lo lasciano transitare, con il tacito
accordo che non tocchi anatre e galline. I cinghiali di giorno non si vedono quasi mai, di notte
fanno scorribande con i cani che diventano matti, però sinceramente nei miei campi cercano
perlopiù le ghiande sotto le querce, gli scavi, al momento, sono stati limitati. Fino adesso,
nella mia fattoria, a livello di vegetazione, i danni maggiori sono sicuramente provocati dai
caprioli, che sono nettamente in sovrannumero, rispetto al piccolo territorio.
Cara Francesca, già ora e da tempo i contadini delle nostre zone sopportano sulle loro spalle
gli interessi di chi ritiene la Natura un Parcogiochi da gestire secondo le proprie smanie e
desideri, infischiandosi di danni, distruzioni ecologiche e avvilimento della Natura. Nessuno ha
finora accennato per i cinghiali al problema della peste suina, ma nei prossimi mesi potremmo
vederne delle brutte. Già dove l'epidemia si è presentata sono stati messi in atto interventi
che fanno intuire un populismo ambientalista e una incapacità amministrativa tali da prospettare
il peggio. La tua idea Francesca di recintare i terreni agricoli con strutture elettrificate può
essere valida per piccoli e precisi appezzamenti, ma sicuramente non è pensabile su scala
generale. Ti elenco in ordine gli ostacoli. Innanzitutto di costi, l'economia della piccola
agricoltura come è in gran parte ancora presente sul nostro territorio, è assolutamente
risicata, si fa molta fatica a restare su un mercato che ti fa arrivare anche da molto lontano
prodotti magari non genuini, ma ad un prezzo con cui non puoi competere. Vi sono, è vero,
nicchie disposte a pagare di più qualità e genuinità reali, però nell'attuale situazione
economica e sociale è un mercato che in futuro si restringerà inesorabilmente di molto. Per il
resto molti prodotti della nostra agricoltura, già ora, faticano a coprire le spese. Le
recinzioni elettriche costano e soprattutto costa gestirle nel tempo. Se hai un dubbio a
proposito guarda la fine che hanno fatto sul Prinzera le recinzioni per proteggere le
Fritillarie: strutture fatte da un ente pubblico, con finanziamenti e senza problemi di resa
economica. I territori circoscritti erano ridicolmente limitati, eppure in pochi anni tutto è
andato distrutto. Pensa quali problemi sorgerebbero a installare e mantenere in efficienza
strutture per ettari ed ettari. Ma in realtà, se ci ragioni, il problema sarebbe ben più
tremendo. Ipotizza un territorio in cui tutti i terreni agricoli fossero protetti da recinzione
per salvaguardarci dai cinghiali. Vi sarebbero due conseguenze immediate, la morte per fame di
gran parte degli ungulati erbivori, che io vedo sempre pascolare in aree agricole e non certo
negli incolti. Ma la seconda sarebbe ancora più catastrofica: i cinghiali verrebbero tutti
concentrati sui terreni incolti che, guarda caso sono proprio quelli che ospitano la Flora
spontanea. Non salveremmo più niente, sarebbe l'Apocalisse. Per cui sia ben chiaro, i signori
cacciatori all'origine del disastro cinghiali e i signori cacciatori e ambientalisti, che per
creare caccia di selezione e prede per la diffusione del lupo, hanno trasferito sul nostro
territorio ungulati da zone dove già venticinque anni fa rappresentavano un flagello, sapevano
tutti benissimo che il prezzo economico delle loro passioni e delle loro fantasie
pseudoecologiche lo avrebbe sopportato per intero una categoria sociale precisa, quella dei
contadini. Invece il danno ecologico altrettanto reale, duro e probabilmente irreversibile
spetta tutto alla povera Flora naturale spontanea. Silvana

frahome
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Re: I cinghiali nel Parco del Taro

Messaggioda frahome » mer 9 mar 2022, 23:55

Grazie Silvana per aver condiviso la tua esperienza.
A quanto dici e a quanto ho anche letto superficialmente pare proprio che l'accesso a terreni agricoli con alta densità di cibo abbia favorito la proliferazione degli ungulati quindi tenerli fuori mi pare che contribuirebbe a controllarne la popolazione (non volevamo questo?) ma non è facile fare previsioni su sistemi così complessi senza studi approfonditi. Sicuramente bisognerebbe far fronte al primo ostacolo che descrivi ma qui apriamo un capitolo legato a "massini sistemi" che vanno ben oltre questa discussione.

La peste suina è una bomba ad orologeria, credo sia solo questione di (poco) tempo, ma qui la controparte degli allevamenti intensivi rappresenta una problematica ancor più pesante di quella dei cinghiali, a mio parere. Spesso puntiamo il dito ai cinghiali e ci dimentichiamo gli animali d'allevamento, o meglio ce ne ricordiamo gaiamente solo a tavola.

Ammetto che non mi è chiaro quali siano le soluzioni da voi auspicate per caprioli e cinghiali (e lupi) soprattutto quando affermate che è stato un problema aver permesso il ritorno di due specie che per quello che io sappia erano presenti sul nostro territorio.

riccardo de vivo
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Re: I cinghiali nel Parco del Taro

Messaggioda riccardo de vivo » gio 10 mar 2022, 12:51

Vedi Francesca il punto focale inderogabile che devi comprendere è che è totalmente impensabile sul nostro territorio ipotizzare la vita della fauna selvatica senza che questa abbia accesso ai terreni agricoli. La ragione è palese: fino almeno alla media montagna tutto il territorio è agricolo. E anche la gran parte del bosco è di agricoltura privata, destinata un tempo al ceduo che oggi però gli ungulati massacrano e di fatto inibiscono divorando sistematicamente i nuovi polloni. Togli i campi, togli i boschi cedui, cosa rimarrebbe alla selvaggina? Le frane, i greti dei fiumi e le strade. Se tu veramente isolassi con procedure protettive tutto il territorio legato all’economia agricola di fatto annienteresti o quasi la fauna ungulata e quindi anche il lupo. E ammesso che qualcosa possa sopravvivere in isole non collegate tra loro, come dice giustamente Silvana, sarebbe la fine di tutta la flora spontanea ivi presente, che verrebbe divorata sino all’ultima radice da povere bestie alla disperata ricerca di cibo. Insomma è pacifico, se si vuole una fauna selvatica si devono assolutamente prevedere i suoi rapporti con l’agricoltura e le sue interazioni con la flora spontanea. Questo significa gestire la Natura. Ma questo in Italia non è assolutamente mai stato fatto per spinte di interessi in ambito venatorio e, diciamocelo con amara tristezza, anche per demagogica ignoranza di una vasta utenza che ama definirsi ambientalista. Nella Mitteleuropa gli ungulati sono sempre esistiti su tutto il territorio in modo spontaneo e non come nella remota storia della nostra terra, in cui erano presenti, non si sa affatto se spontanei o importati, solo nelle riserve di caccia dei “Signori”. Ebbene, nella Mitteleuropa i problemi italiani con gli ungulati non li hanno affatto, da secoli la convivenza tra fauna selvatica, agricoltura, flora spontanea, predatori naturali e mondo venatorio sono in un equilibrio, che a noi pare un sogno. Quale il loro magico segreto? Gestione rigorosa della presenza demografica degli ungulati. I territori sono divisi per tipologia ambientale, che determina in relazione al cibo, clima e altro la densità ottimale di ungulati che vi possano vivere bene, ben nutriti e senza arrecare danni insostenibili ad agricoltura e a flora spontanea. Per esempio per i caprioli il valore ottimale arriva a 10-12 soggetti per 100 ettari nelle situazioni più favorevoli e cala invece il numero man mano che l’ambiente diviene più povero o difficile. Vengono fatti regolarmente censimenti seri e competenti, che determinino la popolazione presente e dai risultati si decide cosa fare ogni anno. Se la popolazione è inferiore o corretta non si caccia, se la popolazione supera i valori ottimali, interviene la caccia di selezione, secondo schemi precisi, che si uniformano a quanto fa il lupo in Natura: si uccidono gli animali deboli, difettosi, vecchi, qualche giovane e invece si preservano sempre i soggetti forti in età di massima esuberanza. Ecco, ricetta semplice, sperimentata da secoli, assolutamente efficace. Ma richiede persone serie e competenti sia nel mondo venatorio, sia nel mondo ambientalista. E soprattutto richiede una cultura in cui non si trasferiscano nel mondo naturale regole che valgono solo per noi uomini: il rispetto della vita e dell’individuo anche se debole o ammalato è valore morale all’interno della nostra specie, ma applicato in Natura è errore mortale, crea disastri irreparabili. Da noi si è pensato di gestire la Natura, assecondando le emozioni e gli affetti di chi non ha la minima idea delle regole selettive, che la Natura hanno creato, così bella e così vitale. Da noi quando si parla di abbattere popolazioni selvatiche in sovrannumero, avvengono le sollevazioni popolari, con mamme e bimbi che piangono pensando a Bambi. Siamo un popolo profondamente ignorante sulla Natura, e più siamo incompetenti e maggiormente si pretende di imporre le proprie idee. Cara Francesca, temo anch’io che la peste suina sarà una catastrofe per le bestie allevate, ma attualmente la sta diffondendo il cinghiale selvatico. Hai sentito di interventi radicali per contenerlo? Io no. Comunque, per non allargare troppo il discorso e annegare in un mare di parole, la soluzione degli attuali disastri degli ungulati, al momento non facile ma unica possibile, è in una gestione della fauna selvatica di tipo mitteleuropeo. Il sovrannumero si abbatte e se sotto una certa altitudine i cinghiali non ci devono essere, ebbene li si elimina in modo completo. I censimenti devono essere fatti da gente seria e non da persone che per pregiudizio pseudoambientalista, sottostimano le popolazioni con lo scopo di minimizzare gli abbattimenti. E soprattutto sarebbe necessario che la cultura ambientalista, che è preziosa, diventi una cultura vera, fatta di conoscenza e di esperienza, proteggere in Natura significa a volte anche uccidere perché l’equilibrio che genera biodiversità è la vera ricchezza. Amare la Natura significa adeguarsi alle sue regole e ricordiamolo, per noi umani, a volte esse appaiono dure e spietate.

frahome
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Re: I cinghiali nel Parco del Taro

Messaggioda frahome » gio 10 mar 2022, 18:31

Caro Riccardo, constato che nella tua analisi non risparmi nessuna categoria: ambientalisti, animalisti, cacciatori, tecnici faunistici e cittadini annoiati ;) :)
Alla fine suggerisci una densità di riferimento che era la domanda dalla quale ero partita all'inizio della discussione oltre all'opzione in situazioni specifiche di intervenire con delle recinzioni (penso all'immagine del campo ai limiti dei Boschi di Carrega). Affermi che "Togli i campi, togli i boschi cedui, cosa rimarrebbe alla selvaggina? Le frane, i greti dei fiumi e le strade"
Direi che questo è uno dei problemi principali!
Non dimentichiamo che oltre il 75% dei terreni agricoli ed una gran parte delle derrate alimentari sono (inefficacemente) destinati all'allevamento animale e su questo si potrebbe dire e fare molto. Ma questa è un'altra storia.

Daniela Monteverdi
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Re: I cinghiali nel Parco del Taro

Messaggioda Daniela Monteverdi » mar 29 mar 2022, 18:48

Vorrei segnalare che in Trentino-Alto Adige, che forse Riccardo metterebbe già in Mitteleuropa, almeno nelle zone che conosco bene da anni, viene seguita una politica di controllo sugli ungulati del tipo proposto. Ad esempio nell'Oasi WWF di Valtrigona (Trentino, laterale della Valsugana), i censimenti vengono fatti insieme, dal responsabile e volontari dell'Oasi con i tecnici comunali dei servizi ambientali e con alcuni dei cacciatori che si occuperanno degli abbattimenti degli esemplari segnalati, vecchi o deboli o in soprannumero. Ma non è un paradiso, nelle stesse province autonome non ci mettono molto a segregare o far fuori un orso un po' troppo "aggressivo" o "confidente", magari proprio obbedendo alle rigide convinzioni e convenzioni locali.
Certo, i problemi da voi sollevati sono scottanti ed è preoccupante l'indifferenza e la superficialità in primis di chi dovrebbe affrontarli, per il ruolo che ricopre nella comunità locale, ma soprattutto nel Parlamento e nel Governo, che hanno voluto delegare problemi nazionali a Regioni e Province. E che continuano, con le proposte di autonomia differenziata, a spezzettare responsabilità ambientali, culturali, sanitarie... affidandole agli appetiti e agli interessi locali.
Daniela


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