l'uomo del fiume

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renato
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l'uomo del fiume

Messaggioda renato » ven 30 ott 2009, 14:34

http://parma.repubblica.it/dettaglio/articolo/1763882

leggete l'articolo e anche i commenti.
Saluti
Renato Carini

carolina
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda carolina » ven 6 nov 2009, 14:13

Commento, anche se con un poco di ritardo, l'articolo segnalato da Renato.


“L’universo non è visto più come una macchina composta da una moltitudine di oggetti ,ma deve essere raffigurato come un tutto indivisibile , dinamico le cui parti sono essenzialmente interconnesse ….”
Capra, F, (1984) Il punto di Svolta, Feltrinelli Ed.

Prendo a prestito questa bella frase di Capra, perchè al di là della storia personale dell'uomo del fiume, l'esperienza narrata ha una portata più ampia e complessa.

Attiene alla concezione che noi abbiamo del mondo, al rapporto uomo natura e conseguentemente
ai rapporti con la cultura.
Laddove per cultura dobbiamo intendere gli strumenti che l'uomo si è dato e si sta dando per la conoscenza del mondo non più scindibile in parti discrete.
In questo senso trovo estremamente limitato ma sopprattutto limitante un approccio che isoli e separi gli abitanti di uno stesso sistema.

“E' meglio per ognuno stare nel suo ambiente senza creare pericolose mescolanze” , significa assumere un paradigma molto vicino al riduzionismo anziché utilizzare strumenti più idonei
alla complessità delle relazioni tra gli esseri viventi

Non mi soffermo sul valore intrinseco di un esperienza come quella riportata ddall'articolo,già positivamente accolta e commentata dai lettori.

Concludo con un'altra citazione che mi sembra riassuntiva del mio punto di vista:

"Differenza tra ecologia superficiale ed ecologia profonda,la prima considera gli esseri umani al di sopra o al di fuori della natura e assegna alla natura soltanto un valore strumentale o di utilizzo.
Al contrario l’ecologia profonda non separa gli esseri umani , né ogni altra cosa , dall’ambiente naturale."
Capra,F, La rete della vita


Carla Pinfari

renato
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda renato » lun 9 nov 2009, 15:18

Molto interessante e dotta l'osservazione di Carla, credo si riferisca ad una ipotetica armonia uomo/natura che ci vede inseriti nell'ecosistema al pari degli altri esseri viventi.
Se questa è la sua interpretazione, mi trova d'accordo solo sul piano squisitamente teorico, o perlomeno storico, nel senso che forse nell'età della pietra l'uomo era in armonia e si confrontava alla pari con gli altri esseri della terra. Ora mi sembra un pò superato come concetto. Io per il bene degli animali mi auguro che stiano lontani dall'uomo il più possibile, perchè prima o poi gli succede qualcosa di brutto.
Gli umani hanno preso il potere sulla terra, ormai non è più possibile tornare indietro, e come esseri pensanti e razionali siamo responsabili della vita anche delle piante e degli animali, quindi dobbiamo preservarli nel miglior modo possibile e secondo me uno dei modi è quello di stargli lontano.
Forse ho banalizzato e generalizzato un pò troppo l'argomento ma attualmente è quello che penso.
Ciao
Renato

Daniela Monteverdi
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda Daniela Monteverdi » lun 9 nov 2009, 16:09

Scusate la mia prosaicità, ma gradirei che mi si chiarisse come conciliare, a rigor di logica,
" non separare l'uomo dalla natura" (Carla)
oppure
"è bene che l'uomo stia il più lontano possibile dagli animali selvatici" (Renato),
con
"le mangiatoie e i nidi in città le mettiamo o no?"
" i cinghiali e le nutrie e i caprioli li lasciamo? oppure li cacciamo e ce li mangiamo?"
" i caprioli ci piacciono sotto i ponti in città ma in campagna li consideriamo un flagello: che si fa?"
e così via.
Tradotto in parole meno crude:
la situazione esistente è quella che è: interveniamo o no? e se sì, in che misura? cosa è lecito e opportuno e cosa no?
Ovviamente la risposta, se c'è, deve valere anche per la vegetazione: alloctona vs autoctona, decorativa vs selvatica, etc.

Le domande non sono oziose: essendo in Consulta del Verde, dovrei avere le idee chiare sulle priorità dei problemi da porre, ad esempio riguardo alla cosiddetta riqualificazione dell'area golenale della Parma.
Ad esempio: che senso ha fare un laghetto o fontanile che dir si voglia vicino ad un corso d'acqua?
Che senso ha se poi le nutrie lo desertificano dalla vegetazione "interessante"? Non diventa inospitale anche per gli uccelli che si vorrebbe attirare?
Lo sterminio delle nutrie diventa indispensabile per avere un laghetto fruibile a scopi didattici?
Cambierebbe la qualità o solo la quantità di specie di volatili rispetto a quelle che già frequentano il torrente?
Eccetera.
Daniela

renato
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda renato » lun 9 nov 2009, 18:04

Egregia Daniela le domande che poni non sono esaustibili con semplici risposte sintetiche, perchè dietro alle risposte c'è una filosofia intera e tutti gli studi eco-faunistici fatti dall'uomo.
Vuoi le mie risposte crude tipo quiz?
Mangiatoie: non servono a salvare nessuna specie dall'estinzione ma possono sostentare una piccola popolazione locale (molto localizzata) di uccelli. Dal punto di vista della conservazione globale delle specie non hanno significato.
Nutrie: dal punto di vista tecnico/legislativo sono specie alloctone e dovrebbero essere estirpate in tutti i modi possibili per via degli effetti negativi ormai accertati che producono sull'ambiente. In pratica quello che si fa oggi in Italia è come togliere l'acqua del lago di garda con un secchio, quindi i risultati sono quasi nulli.
Caprioli: sono una specie considerata autoctona "per i puristi non è così" ma con l'aumento di numero crea problemi alle colture agricole (vivai, vigne ecc) oltre che alle strade per via degli incidenti. Secondo me è necessario cacciarla e tenerla monitorata come si fa ora. vedrete che cmq tra qualche anno saranno ovunque e bisognerà toglierne di più. Il problema reale è la nostra presenza, se non ci fosse l'uomo con le sue attività non compatibili con la fauna non ci sarebbero i problemi.

Per tutte le altre domande esistono scelte progettuali che servono a trovare le soluzioni opportune, reti antinutria e anticapriolo ecc.

Mi fermo qui perchè l'argomento che riguarda quanto deve spingersi l'uomo ad intervenire sulla fauna o ambiente naturale è enorme.
Ciao
Renato

enrico bocchi
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda enrico bocchi » lun 9 nov 2009, 18:39

Ciao a tutti.
Io mi schiero con Renato, senza voler togliere nulla a chi, come il signor Flavio Carpi, mostra una vera e propria vocazione nell'avvicinare animali più o meno selvatici; dico più o meno perchè penso che automaticamente il selvatico che prende l'abitudine di accostarsi all'uomo e a fidarsi dell'uomo non è più un vero e proprio selvatico, e alla fine perde assieme alla diffidenza verso l'uomo anche l'unica chance che gli permette di sopravvivere in autonomia senza mettere a repentaglio non tanto la propria integrità individuale, ma quella della specie a cui appartiene.
E' scontato che resistere alla tentazione di avvicinarsi ai selvatici per impadronirsi in qualche modo del loro modo di vivere è il requisito minimo del naturalista DOC; meno immediato, ma alla fine altrettanto necessario è essere imparziali nel benvolere i selvatici, permettendo che tutte le specie presenti in un ecosistema esistano in autonomia; questo e un concetto del quale il mondo venatorio è completamente digiuno; l'uomo preistorico, a sua volta selvatico, è stato per lungo tempo ben inserito anche come predatore negli ecosistemi, finchè non ha iniziato a prendere il sopravvento sulle altre specie grazie alla sua "presunta" intelligenza (comunque autonoma); alla fine si è sottratto alla catena alimentare passando così dal timore di essere sopraffatto dalle altre specie all'ebbrezza del crescere smisuratamente in numero con tutto quello che ne consegue.
Gli animali benvoluti e protetti o in qualche modo favoriti dall'uomo inevitabilmente crescono smisuratamente in numero con tutto quello che ne consegue, quindi l'unico comportamento adottabile nei loro confronti da parte nostra è di permettere loro di vivere liberi e in autonomia dove l'ambiente naturale glielo permette, e preservare gli ambienti naturali a questo scopo.
Per quanto riguarda le specie alloctone sono pienamente d'accordo con Renato; alla fine le nostre zone si mostrano inospitali nei loro confronti e le loro esistenze si trasformano in veri e propri calvari: ad esempio le nutrie presenti in Val Termina e in Val Toccana fino allo scorso autunno non hanno sopportato l'inverno 2008/09 più nevoso del solito, e sono completamente scomparse per il semplice motivo che non sono in grado di andare in letargo....
ps, dimenticavo di dire una cosa importante sulla vegetazione: le specie di origine alloctona difficilmente si inseriscono bene in un ecosistema, o diventano terribili infestanti o neppure fruttificano; niente come le specie autoctone invece caratterizza e valorizza dal punto di vista naturalistico un ecosistema; non a caso poi le zone dimenticate dall'uomo sono quelle più interessanti da questo punto di vista, e dimenticare un posto e il modo perfetto di preservarlo!
nadia ed enrico, www.florautoctona.com

Luigi Ghillani
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda Luigi Ghillani » lun 9 nov 2009, 22:20

Parole sante!
1. Chissà se San Francesco oltre che parlare con gli uccelli gli dava anche da mangiare?
2. Ma farò poi bene a mettere fuori una mangiatoia per gli uccelli - un aiutino per l'inverno?

carolina
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda carolina » mer 11 nov 2009, 9:57

Prendo spunto dai contributi successivi per proseguire nella riflessione sul tema complesso in cui cisiamo addentrati.
La teoria dei sistemi dinamici che attorno agli anni '50 fece la sua comparsa non è una riedizione del figura del "buon selvaggio " di roussoniana memoria.

E' la formulazione di un modello teorico nel quale le varie parti (territorio, clima, animali,piante, uomo,) sono INTERDIPENDENTI, e che ogni modificazione di queste si Riverbera sulle altre

Questa è la rappresentazione a mio modestissimo parere di quello che è accaduto e accade!
Del resto i contributi degli amici naturalisti non confliggono con questa lettura: la specie “umana” ha talmente travalicato gli equilibri da mettere a rischio l'intero sistema, e a questo punto, solo tenendo presente uno sfondo complesso si possono trovare i necessari e possibili aggiustamenti (Renato).
In questi difficile situazione l'interdipendenza potrebbe anche essere tradotta in distanza e separazione se questo significasse ripristinare le condizioni ottimali per le specie da salvaguardare.
Del resto ricordo che la suddetta specie umana sta mettendo a rischio anche la sua propria esistenza!!!!

Quello che a mio parere sarebbe da evitare è il frazionamento dei saperi e la loro supposta autonomia .

Saluti a tutti
CP

renato
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda renato » mer 11 nov 2009, 10:35

Bè.. dopo la mail di Carla io mi zittisco.. al confronto mi sento come uno zappatore messo a confronto con un cesellatore.
Però il tema è davvero molto bello, merita degli approfondimenti.
Ciao
Renato

Daniela Monteverdi
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Re: l'uomo del fiume

Messaggioda Daniela Monteverdi » mer 11 nov 2009, 11:07

Spero che invece nessuno stia zitto: dallo zappatore al cesellatore, dal dilettante osservatore al tecnico al filosofo o sociologo, e perché no, al poeta, abbiamo bisogno di tutti per capire e per fare e per pensare.
E quale posto migliore di questo, nato dalla passione di tutti per questo nostro territorio provinciale, piccola parte di un tutto?

Mi associo a Renato chiedendo a Carla di continuare ad approfondire per noi profani le teorie che ci ha fatto intravvedere.
C'è un testo che potresti consigliare a un non addetto ai lavori?
Grazie,
Daniela


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